“Otto ore di lavoro, otto ore di svago e otto ore per dormire”: per quanto, per molte persone sia un miraggio ancora oggi, l’importanza di questa suddivisione del tempo dei lavoratori, e soprattutto il fatto che non si potevano imporre ad una persona più di otto ore di lavoro al giorno, era stata compresa addirittura due secoli fa. Nel 1855, in Australia, prese l’avvio il movimento sindacale che aveva proprio questa frase come motto e che si estese a quasi tutto il mondo, portando, nei decenni successivi e dopo lunghe e anche feroci lotte, al riconoscimento delle otto ore lavorative. Un percorso disseminato di proteste e di violenza che ha nel Primo maggio una data ricorrente che giustifica la sua assunzione a Festa dei lavoratori in quasi tutto il mondo. Il primo “Primo Maggio” che segna la storia dei lavoratori fu quello del 1867: quella fu la data prescelta dal governo dello stato dell’Illinois, negli Usa, per far partire le otto ore lavorative riconosciute ai lavoratori. Il provvedimento era talmente innovativo rispetto ai tempi che i lavoratori quasi stentarono a crederlo effettivo e per ribadirne l’importanza ed evitare che i datori di lavoro non lo prendessero troppo sul serio, in diecimila scesero a manifestare per le strade di Chicago. Il primo maggio divenne la loro data, ma ancora lontana dall’essere una festa. Circa 20 anni dopo, nel 1886, sempre a Chicago – il distretto siderurgico che con la seconda rivoluzione industriale aveva attivato l’estraniante catena di montaggio per potenziare la produzione – il primo maggio cominciò a macchiarsi di sangue. Le lotte per ottenere le otto ore si diffusero a macchia d’olio negli Stati Uniti e nel mondo. Nel 1886 c’erano state tante manifestazioni di protesta e a Chicago 400 mila lavoratori scesero in sciopero. Tra di loro c’erano tutti: bianchi, neri, americani, immigrati e anarchici. Gli anarchici furono al centro della lotta per l’orario lavorativo sin dall’inizio. Il primo maggio del 1886 Chicago era paralizzata, le fabbriche ferme, la popolazione in fermento, i lavoratori stressati dalla lotta e dal risentimento per i crumiri che, in piccola parte, avevano preso il loro posto in fabbrica al soldo dei padroni. Tra i principali sostenitori della lotta e dello sciopero c’era August Spies, un immigrato tedesco di professione tapezziere, colto, diventato attivista del movimento per le otto ore, autore degli articoli che sostenevano la causa dei lavoratori e protagonista di molti comizi. Proprio durante un incontro di oltre seimila lavoratori, nel quale parlava Spies, fecero irruzione 200 poliziotti che attaccarono la folla con manganelli e pistole uccidendo una persona e ferendone moltissime. Spies, testimone dell’aggressione immotivata lanciò sulla stampa l’invito ai lavoratori di Chicago a partecipare in massa, la notte seguente, a un nuovo incontro con lui e Albert Parsons e Samuel Fielden, altri due attivisti anarchici. Sebbene il comizio avvenne in piazza, in maniera totalmente pacifica, tanto che lo stesso sindaco di Chicago, presente alla manifestazione, diede l’ordine al capo della polizia John Bonfield di far rientrare tutti gli agenti, al termine dell’incontro, quando in piazza erano rimaste poche centinaia persone, Bonfield piombò sui manifestanti con duecento uomini e intimò a tutti di disperdersi. Mentre i tre relatori protestavano la natura pacifica della protesta, in mezzo alla residua folla rimasta esplose una bomba che uccise una persona e ne ferì una settantina in maniera grave e autorizzò Bonfield a sparare sulla folla. Il bilancio di vittime di questo attacco non venne mai reso pubblico e, subito, partì sulla stampa una campagna contro socialisti e anarchici ritenuti colpevoli dell’attentato e una vera caccia alle streghe orchestrata dalla polizia locale che perquisì e arrestò chiunque venisse anche vagamento tacciato di essere anarchico o socialista. Gli arrestati, spesso completamente estranei ad ogni accusa venivano torturati per estorcere loro confessioni false. Il clima di terrore instaurato dalla polizia e dalle istituzioni locali si placò solo quando gli accusatori poterono portare sul banco degli imputati otto persone: erano tutti anarchici. Tra loro c’erano anche Spies, Parsons e Fielden. Il processo, opportunamente spettacolarizzato per dargli la più vasta eco possibile, fu una farsa che cominciò con la scelta strategica di una giuria, non estratta a sorte, formata solo da persone che concordavano con l’accusa e che liberamente dichiarava che gli imputati erano già condannati alla forca e proseguì con la negazione del diritto degli imputati di presentare prove che mostrassero la loro innocenza. A parte i tre attivisti, oratori del comizio, nessuno degli altri cinque imputati era stato presente alla manifestazione. La sentenza fu scontata, sin dall’inizio e la sua formulazione diede solo la definitiva conferma che il vero crimine per cui quegli uomini venivano condannati non era affatto aver (potenzialmente) lanciato la bomba, ma l’essere loro degli anarchici: “La legge è sotto processo. L'anarchia è sotto processo. Questi uomini sono stati scelti, selezionati dal Gran Giurì e indicati perché essi erano capi. Non sono più colpevoli delle migliaia che li hanno seguiti. Signori della giuria, condannate questi uomini, fate di loro degli esempi, impiccateli e salvate le nostre istituzioni, la nostra società”. Sette condannati a morte e uno a 15 anni. L’ingiustizia di tale trattamento sollevò gli animi in tutto il mondo e cominciò una lotta per la loro liberazione che riuscì a tramutare due condanne a morte in carcere a vita, tra cui Fielden, ma non salvò Spies, Parsons e altri due dall’esecuzione. L’ottavo condannato scelse di suicidarsi in carcere il giorno prima dell’esecuzione. L’11 novembre 1887 vennero impiccati e divennero per il mondo “i martiri di Chicago”. In 600 mila andarono al loro funerale. La lotta continuò per liberare i tre ancora in carcere e nel 1893, 16 anni dopo i fatti di Chicago i tre tornarono liberi, riconosciuti innocenti delle accuse per cui erano stati condannati. Il nuovo governatore riconobbe che tutti e otto erano state “vittime di isteria, giurie impacchettate e un giudice di parte”. Si scoprì che a lanciare la bomba era stato un poliziotto che eseguiva l’ordine del capitano Bonfield finalizzato a far scoppiare una rivolta e a far diventare gli anarchici dei capri espiatori per indebolire il movimento dei lavoratori.
“Se pensate che impiccandoci potete fermare il movimento dei lavoratori, il movimento da cui milioni e milioni di persone che lavorano nella miseria vogliono e si attendono salvezza, allora impiccateci! Qui voi spegnete una scintilla, ma dovunque intorno a voi le fiamme divampano. E' un fuoco sotterraneo: non potete spegnerlo” furono le parole di Spies poco prima dopo la sentenza di condanna a morte per i fatti accaduti in conseguenza del primo maggio 1886, che divenne, grazie a lui e agli martiri di Chicago, non solo la festa dei lavoratori, ma anche la festa degli anarchici.