Mercoledì 25 giugno alle ore 21 all’ex ospedale S. Giacomo, da Anghiari passando per Lampedusa, arriva a Carrara, grazie al Centro per L’autobiografia di Spazio Alber1ca, un emozionante progetto di raccolta di storie di comunità, Voci da Lampedusa. Potremo sentirne il racconto dalla viva voce di tre donne che quel progetto hanno realizzato in due anni di lavoro con la popolazione dell’isola: Caterina Benelli, docente di pedagogia generale e sociale all’Università Federico II di Napoli , docente e dirigente della Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari, Daniela Bennati, che molti conoscono impegnata e attenta consigliera nel comune di Massa e pochi conoscono invece come sensibilissima esperta di scrittura autobiografica e raccolta di storie, nonché collaboratrice ad Anghiari, Sara Bennati, grafologa esperta di rieducazione alla scrittura e di scrittura autobiografica. Le parole che, attraverso il racconto delle autrici, ci arrivano da Lampedusa restituiscono tutta la complessità che sta dietro ad una narrazione troppo spesso semplificata dai media, nel bene e nel male di un fenomeno doloroso, difficile da comprendere e da gestire. In questo incontro vedremo infatti in atto i risultati e la metodologia della raccolta di storie di comunità che è proprio uno dei diversi filoni di ricerca in cui ci si specializza ad Anghiari. È un piccolo miracolo quel “luogo della memoria” che è diventato il magnifico tratto di Val Tiberina da Anghiari a Pieve Santo Stefano, grazie al progetto nato dal felice incontro tra il giornalista Saverio Tutino (che ci ha lasciato nel novembre 2011) fondatore dell’Archivio Diaristico Nazionale di Pieve S. Stefano, e il professore Duccio Demetrio, già docente di Filosofia dell’educazione e di Metodologie autobiografiche presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca. I frutti di questo lavoro si vedono bene in progetti come questo che viene presentato al S. Giacomo Da Spazio Alber1ca, di eccezionale intensità non solo per il luogo, Lampedusa, non solo per il tema dell’immigrazione che alla piccola isola si lega, ma per il metodo che le autrici del progetto hanno messo in atto. Niente a che fare con l’intervista, dove in primo piano sta il lavoro del giornalista, ma piuttosto la tensione a far emergere il punto di vista di chi dona la propria storia e non si limita ad esporre opinioni o testimonianze, ma generosamente racconta di sé all’interno di una comunità che condivide una stessa condizione, perché entra in un rapporto di intima fiducia con chi si pone in ascolto di quelle storie di vita.
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