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Scritto da Redazione
Parliamone
05 Settembre 2025

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Non si picchiano i ragazzini. Certo che no. Cioè, in realtà: non si picchia e basta. Almeno non si dovrebbe, ma, si sa da sempre, che a dire le cose, quando ci fa comodo e non siamo coinvolti, siamo tutti bravissimi; a mantenerle quando ci toccano da vicino, invece, abbiamo qualche difficoltà. I ragazzini non si picchiano e quindi è stato facile e remunerativo - in termini di like e visualizzazioni - demonizzare il padre di un ragazzino che è sceso in campo durante la partita di calcio in cui giocava il figlio,  ed ha picchiato il portiere della squadra avversaria di 13 anni. Facile perchè in un mondo di media ossessionati più dalle visualizzazioni e dallo share, che dalla verità e in  un mondo di social abitato prevalentemente da mostri o da poveri frustrati che hanno bisogno costantemente di ripetersi quanto sono bravi e quanto gli altri sono cattivi, non c'è mai niente di meglio che poter rovesciare badilate di mel(r)ma addosso a qualcuno che fa qualcosa di palesemente sbagliato. E allora dagliela al mostro: "papà cattivo", "calcio cattivo", "società cattiva", "genitori cattivi che delirano per imporre i figli su ogni vetta, anche quella del montarozzo di sabbia fatto sul mare" fino a viralizzare il fatto e toccare gli alti livelli del settore, che si sono sentiti in dovere di fare gesti significativi per sancire la verità narrata da web e giornali: il papà che ha picchiato un ragazzino è un mostro e  il ragazzino, poverino, è un santo. Quindi si è  ipotizzato un invito-premio a Coverciano per  il povero ragazzino picchiato dal genitore cattivo, fidandosi della sentenza del web.

Poi la giustizia sportiva, video e testimonianze dirette alla mano, ha emanato la sentenza vera ed è venuto fuori che il ragazzino tanto santo non è, che ha già, in altre occasioni,  brillato  per scorrettezza in campo e che la rissa, in quell’occasione, l’ha innescata lui. E' venuto anche fuori che il piede rotto esibito a favore di social, nella foto mendicolike sulla sedia a rotelle, in realtà è dovuto al fatto di aver massacrato di calci un avversario, tanto da fratturargli l'anca fino a procurare a se stesso la rottura del malleolo - motivo per cui lo hanno dovuto ingessare. E  che il papà che è entrato in campo, era proprio il papà di quel ragazzino finito sotto la furia del "santo" e che nel tentativo di fermare l'accanimento violento verso suo figlio, gli ha mollato uno schiaffone. Ops: il mostro non è più così mostro, il santarellino non è per niente santo. I vertici della Nazionale di calcio battono in ritirata e annullano ogni possibilità di invitare il ragazzino,  che la giustizia sportiva  - infinitamente benevola – ha sanzionato con solo un anno di squalifica. Tutti quelli che nella solita ansia buonista per sentirsi migliori degli altri, avevano martirizzato il ragazzino, hanno dovuto ingoiarsi servizi, sentenze popolari e condanne da web e aggiustare il tiro nel disperato tentativo di salvare i like. Perché i like contano. Le visualizzazioni contano. Lo share conta. Il buonsenso, no. 

Quale genitore, vedendo qualcuno accanirsi con violenza sul proprio figlio, non cercherebbe di fermarlo, anche dandogli almeno uno schiaffone? Il fatto che si tratti di un ragazzino non dovrebbe essere un alibi a favore del minore, perché quest’ultimo può non avere  cervello a sufficienza per capire quel che sta facendo, ma di certo, spesso, ha la forza per farlo. E allora uno schiaffone, è sacrosanto. Ci saranno sanzioni anche per il genitore che è intervenuto a difesa del figlio, ma dovranno esserci  le attenuanti della motivazione che ha innescato l’aggressione. Soprattutto dovrebbe esserci il buonsenso di dare ad ogni gesto la giusta gravità. E in una rissa scoppiata su un campo da calcio in cui giocano degli under 14, la cosa più grave è che un ragazzino si accanisca con violenza inaudita su un coetaneo e non che il padre di tale coetaneo, per salvare il figlio dai colpi dell’altro, scenda in campo e gli dia uno schiaffone.

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