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Scritto da Redazione
Politica
02 Giugno 2021

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Un j'accuse duro che diventa lettera aperta indirizzata al presidente Eugenio Giani e che parte volutamente con un riferimento all'emendamento pro-concerie della legge regionale, finito al centro di uno scandalo politico legato alle inchieste sulle infiltrazioni di 'ndrangheta nello smaltimento dei rifiuti.

Amici della Terra-Versilia, Apuane Libere, CAI Massa, GrIG Presidio Apuane, Italia Nostra Apuo-Lunense "L. Biso", Italia Nostra Massa-Montignoso, Italia Nostra Versilia, La Pietra vivente: una bella fetta del mondo associazionista ecologista apuano punta il dito contro le politiche industriali della regione Toscana che sarebbero, secondo gli ambientalisti, maggiormente orientate verso il profitto a scapito della tutela ambientale e tira le orecchie a Ente Parco e ai comuni apuani di Carrara, Massa, Garfagnana e Versilia.

E' il Pit, approvato all'unanimità dalla regione nel 2015, a occupare la scena centrale della lettera: accusato già all'epoca di essere asservito a interessi privati, colpevole secondo le associazioni, di permettere l'apertura di cave dismesse dentro il Parco delle Apuane, diventerebbe grimaldello per decine di aperture e ampliamenti. Aperture e ampliamenti di cave che avverrebbero sotto gli occhi e il benestare, si legge nella lettera, dell'Ente Parco.

"Il famoso "codicillo" pro-concerie, approvato da un Consiglio regionale "distratto", prodigo di soluzioni risparmiose per alcuni e fonte di inquinamento per la collettività, scritto da un avvocato e presentato da un consigliere, non ci ha sorpreso granché: potremmo definirlo una pratica non inusuale" si apre così la lettera che paragona l'emendamento pro-concerie con i vari emendamenti presentati e poi approvati nel 2015  che avrebbero cambiato il volto alla formulazione originaria del Piano Integrato Territoriale del paesaggio. 

"Si pensi al Consiglio Regionale del 2015-continuano infatti le associazioni ambientaliste apuane- che, con maggioranza e minoranza unite, ha approvato, all'interno del PIT (il Piano Integrato Territoriale del paesaggio), una pianificazione "asservita a interessi privati": così definita da Anna Marson nel suo, indimenticato, intervento in Consiglio regionale dopo l'approvazione o, meglio, lo stravolgimento di ciò che avrebbe dovuto essere uno strumento di tutela e salvaguardia del paesaggio e del territorio".

Pesanti furono le denunce e gli addebiti che fece l'allora assessore Anna Marson, la quale parlò esplicitamente e senza mezzi termini di "voto di emendamenti non coerenti con i contenuti propri di un piano paesaggistico, allo scopo di depotenziare l'efficacia del Piano", disvelando "le trattative politiche con alcune imprese.... e la partecipazione di consulenti delle stesse [imprese del marmo] alla riscrittura degli emendamenti nelle stanze del Consiglio regionale" ".

Una politica i cui effetti, dopo l'approvazione da parte dei Comuni dei Piani di Bacino Estrattivo (sott'ordinati al Pit), appaiono evidenti, stando agli ambientalisti i quali affermano :" Non è stata chiusa nessuna delle 30 cave che l'arch. Marson avrebbe voluto dismettere per il solo motivo che scavavano (e, ovviamente, continuano a scavare) in violazione di leggi dello Stato. Peraltro, l'assessore Marson aveva previsto contestualmente -specificano nella lettera-  un nuovo impiego per il centinaio di operai che avrebbero in tal modo cambiato il lavoro. Oggi-accusano gli ecologisti- con i Piani di Bacino Estrattivo previsti dal PIT, assistiamo a riapertura e ampliamento di decine e decine di cave chiuse, dismesse, rinaturalizzate ferme dal 1980 - se non anche da prima - e ciò all'interno di un'area di pregio ambientale, le Alpi Apuane, e all'interno del Parco che, in quanto Geoparco Unesco, dovrebbe valorizzare i SIC e le ZPS istituiti e salvaguardati dall'Europa limitando l'attività estrattiva e non implementandola".

Ma l'Ente Parco cosa fa? Rispondono a questa domanda nella lettera le associazioni, parlando anche di consulenze assegnate a giuristi e legali privati, e quindi con spese aggiuntive per la collettività, anziché rivolgersi a uffici pubblici e ministeriali preposti :"Per anni-scrivono le associazioni- il Parco ha rilasciato Pronunce di Compatibilità Ambientale carenti dei pareri di vari Enti, limitandosi ad invitare i concessionari a procurarseli! Purtroppo, leggiamo progetti che tendono solo a massimizzare il profitto e istruttorie dei procedimenti carenti, con gli imprenditori ben consapevoli che i piani estrattivi saranno comunque approvati, sia pur con prescrizioni puntualmente disattese. E, recentemente, abbiamo anche assistito all'assegnazione di un incarico a giuristi fiorentini perché verificassero la possibilità di scavare in ZPS. Ci chiediamo perché questo insistere scellerato da parte di Enti che dovrebbero "proteggere" il territorio e perché il Parco non si è rivolto all'avvocatura regionale o al ministero per avere autorevoli pareri in merito, preferendo invece incaricare professionisti privati a spese della collettività. Tra l'altro, per "ottenere" da questi un parere che asseconda, in spregio alla normativa comunitaria, la possibilità di estrarre in ZPS, pur se in galleria".

Gli ambientalisti mettono sotto la lente anche le modifiche dei confini tra Parco e le aree insistenti dentro il Parco dove è possibile l'attività estrattiva (Aree Contigue di Cava: ACC), modifiche  per le quali procedure di approvazione il Parco è stato condannato a sanzione dal Tar in seguito a causa intentatagli:" Con la motivazione di adeguare i confini ad una cartografia più dettagliata-scrivono gli ecologisti-di fatto si è agito violando la normativa che prevede il rispetto dei confini istituiti con legge 65/97, senza procedere ad una revisione normativa prevista con l'approvazione del Piano Integrato. Avendo proceduto a tali modifiche con urgenza immotivata, il Parco è risultato soccombente avanti al TAR nella causa promossa da un esercente danneggiato nei propri diritti da queste misure "astruse". A ciò si aggiunga l'assoluta e inaccettabile mancanza di partecipazione dei comuni e della collettività a tali modifiche, delle quali nulla si sa: se siano state elaborate dagli uffici tecnici, se approvate dal solo Consiglio Direttivo del Parco o anche dalla VI Commissione regionale". 

La lettera si conclude con una preghiera di controllo e verifica sulle azioni dei comuni di Carrara, di Massa, della Garfagnana e della Versilia, allo scopo di scongiurare il pericolo concreto che interessi privati possano piegare l'interesse pubblico e compromettere la salute delle nostre Apuane:" Le chiediamo pertanto di vigilare sui procedimenti di VIA sia del comune di Carrara, che, con la "scusa" della VAS del PABE, non sottopone a VIA le attività di cava, sia del comune di Massa, che risulta privo di strutture tecniche dedicate, sia dei comuni della Garfagnana e della Versilia, che aprono cave nei territori di uso civici, di sospendere le irrituali modifiche di confine delle ACC e di procedere a puntuale verifica e controllo del PIT allorché viene "piegato" ad interessi privati, in violazione delle leggi dello Stato, del codice dell'ambiente, del codice dei beni culturali e del paesaggio e della legge sugli usi civici". 

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