Una discussione suddivisa in due sedute fiume l’ultima delle quali ha occupato un’intera notte. Molti sono i dubbi della consigliera dell’opposizione massese Elena Mosti che ha anche affidato alla stampa la sua riflessione su tutto il comparto marmo. Ecco le parole della Mosti:
“Fino a qualche anno fa la mia personale consapevolezza sul mondo delle cave era ristretta e indirizzata a quel sentimento romantico e culturale rappresentato dal duro lavoro dei cavatori, dall'eroica resistenza sulla roccia impervia, dalla lizzatura e dal lardo di Colonnata. Negli anni di attività politica attiva ho poi potuto conoscere e approfondire, capendo che questo complesso settore rappresenta molto di più, e che queste montagne nascondono problemi e ferite. Ogni blocco che lascia il monte, è unico e irripetibile.
Non ce ne sarà un altro mai. Il marmo non ricresce, non è un seme dal quale poter far nascere un fiore.
La figura meravigliosa del cavatore e del suo dignitoso ed etico lavoro non esiste più, o meglio non è più quella che era. Un lavoro pericoloso, alle volte ingrato ma anche molto amato da chi lo fa, un lavoro che ci ha portato e ci porta via ancora oggi molti concittadini che lassù perdono la vita. Oggi la maggior parte del lavoro è svolto dalle macchine. Negli ultimi vent'anni si stima che si siano persi 1000 posti di lavoro.
Sono sparite più di 70 aziende. In parallelo si escava sempre di più, con più velocità e invasivamente.
La filiera è praticamente inesistente perché partono dalla nostra provincia per lo più blocchi non lavorati.
L'impatto ambientale di tutto questo è enorme. Quanto deve essere per davvero la "quantità massima estraibile" senza che l'orografia delle nostre apuane venga modificata e cambiata in maniera irreversibile?
È il momento di pensare alle creste, alla tutela delle acque di cui le nostre Alpi sono piene, a limitazioni vere, ad inquinare meno, ai lavoratori e al nostro territorio. È il momento di capire che le cave non si "coltivano", e di prendere totale coscienza che ogni blocco che se ne va è appunto andato.
Non sono mai stata per la chiusura totale delle cave, e non lo sono oggi né demonizzo l'attività estrattiva.
Ma non voglio nuove cave aperte. Ho conosciuto imprenditori e lavoratori seri, preparati, amanti della montagna e del territorio, che mi hanno mostrato il lato buono, responsabile e coscienzioso di questa attività, ma procedere in questo modo non è più sostenibile sotto nessun punto di vista.
In due lunghe sedute di consiglio comunale a Massa si è portato il regolamento degli agri marmiferi.
Un regolamento degli agri marmiferi che è stato approvato con larga maggioranza. Due sedute di Consiglio.
Dalle 17 a mezzanotte e mezzo la prima. Dalle 17 di ieri a stamattina la seconda.
Non ho votato. Alle 4:30 ho lasciato la seduta perché non riuscivo più a partecipare e seguire. Non avevo più la lucidità per concentrarmi. Un dibattito intenso. Impegnativo. Un regolamento al quale avrei votato contro. Un atto praticamente blindato. Pareri tecnici negativi sugli emendamenti della minoranza, che di tecnico non avevano nulla. Modalità di svolgimento mai viste. Un regolamento che va più verso gli interessi privati che verso un ampio diritto pubblico. Un atto così importante poi, discusso in maniera, telematica, con tutte le difficoltà e gli ostacoli del caso.
Non è il regolamento che vorrei.
Le montagne, le cave e lo stesso marmo, sono beni che appartengono alla comunità e al territorio tutto.”