Arriva al cinema Garibaldi di Carrara, dal 5 al 7 dicembre il film: "C'è un posto nel mondo", opera quinta di Francesco Falaschi, regista toscano pluripremiato in Italia e anche in campo internazionale. Il film, che è una produzione indipendente, è uscito il 13 novembre e, finora, è stato programmato in sole 12 sale superando i 3000 spettatori ed entrando nella Top 40 del box office nazionale su oltre 170 titoli presenti nelle sale italiane. Nel cast attori di spessore come Cristiana Dell'Anna, Luigi Fedele, Daniele Parisi, Cecilia Dazzi, Alessia Barela, Jacopo Olmo Antinori, Paolo Sassanelli, Fabrizia Sacchi, Massimo Salvianti, Alessandra Arcangeli, Valentina Martone. Il film è ambientato in un paese dell’Italia centrale nel quale si sovrappongono tre storie sospese tra la scelta di partire e quella di restare: decisioni che potranno cambiare le loro vite. Un giovane ricercatore, pronto a partire per l’estero ma legato profondamente alla sua famiglia e al paese in cui è cresciuto. Un insegnante appassionato, diviso tra l’affetto dei suoi studenti e un’imprevista possibilità di carriera in città. Una psicologa, tornata per vendere la casa di famiglia, decisa a lasciarsi tutto alle spalle finché lettere e oggetti nascosti non la costringono a confrontarsi con una parte di sé che credeva perduta. Ognuno cerca un nuovo equilibrio tra ciò che è stato e ciò che potrebbe essere. Tre percorsi diversi, un’unica domanda: partire, restare o tornare.
Francesco Falaschi, nato a Grosseto, Italia, nel 1961, è un noto regista e sceneggiatore. Si è laureato in Storia del Cinema a Firenze e ha iniziato la sua carriera scrivendo per riviste cinematografiche. Falaschi ha debuttato alla regia con il cortometraggio “Furto Con Destrezza” nel 1997, e il suo corto “Quasi Fratelli” ha vinto il David di Donatello nel 1999. Ha diretto il suo primo lungometraggio, “Emma Sono Io”, nel 2002, ottenendo nomination ai David di Donatello e ai Nastri d'Argento. Tra le sue opere “Last Minute Marocco” (2007), “Questo Mondo È Per Te” (2011) e “Quanto Basta” (2018), che ha vinto numerosi premi internazionali in Europa e in USA, tra cui il premio al Filmaker italiano presso Denver Film Festival. I suoi film, per la maggior parte usciti in sala e trasmessi da Raiuno, spesso esplorano complesse questioni sociali, come la sindrome di Asperger in “Quanto Basta” e gli Hikikomori nel mediometraggio del 2021 “Ho Tutto Il Tempo Che Vuoi”. Oltre alla regia, Falaschi si dedica a coltivare nuovi talenti insegnando cinema in Toscana, dove contribuisce alla formazione della prossima generazione di professionisti del settore.
L’Italia è un “Paese di paesi”. E la provincia, come scriveva Luciano Bianciardi, “è un campo d’osservazione di prim’ordine. I fenomeni (…) qui li hai sottomano, compatti, vicini, esatti, reali – ha spiegato Falaschi - Da questa convinzione – e a partire da un documentario sulle aspirazioni dei giovani che vivono nei piccoli centri dell’Amiata – io e Alessio Brizzi (co-sceneggiatore) abbiamo costruito tre storie che parlano di paesi, ma in realtà raccontano qualcosa di più universale: lo spaesamento. Quella condizione interiore che appartiene a chiunque si domandi con urgenza quale sia davvero il proprio posto nel mondo, la comunità a cui appartenere, il tipo di vita in cui riconoscersi. Tre episodi che affrontano, rispettivamente, le decisioni di partire, restare e tornare, ma che condividono un nucleo comune: l’idea che ci si sente a casa non tanto in un luogo, quanto nelle relazioni significative che vi costruiamo e che portiamo con noi anche altrove. I personaggi cercano un posto fisico che, in realtà, è soprattutto uno specchio interiore, un luogo dell’anima. E, seppur ambivalenti verso le proprie origini, sanno di avere con esse un legame che non si può recidere. Pur con un budget essenziale, il film ha potuto contare sulla ricchezza più preziosa: attori di grande spessore e perfetta aderenza ai ruoli. Lo stile cinematografico punta a costruire per immagini una “narrativa della vita”. Ho scelto di lasciare ampio spazio alla recitazione e ai movimenti degli attori, accompagnati da una macchina da presa “senziente”, spesso a mano o su supporti mobili. La fotografia, realistica e senza artifici, privilegia l’uso della luce naturale e valorizza ambienti straordinari come il Palazzo Nerucci, il Castello Aldobrandesco e il Palazzo Cesarini Sforza, messi generosamente a disposizione da enti pubblici e privati della zona amiatina. Il film, di tono prevalentemente drammatico, rivendica con orgoglio la sua natura indipendente: scritto e diretto con grande libertà creativa, si inserisce nel solco di una tradizione – non solo italiana – di opere composte da parti autonome legate da un tema comune. Un percorso che si ispira, tra gli altri, a capolavori come Nove vite da donna di Rodrigo García e Il male non esiste di Mohammad Rasoulof”.








