Cosimo Maria Ferri ha incassato un prestigioso incarico alle elezioni del 24 settembre per il rinnovo del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria. Con 746 preferenze è il secondo consigliere più votato degli 11 neoeletti provenienti dalle diverse magistrature italiane, quali componenti dell'organo di autogoverno delle commissioni tributarie nazionali.
Classe 1971, è il terzogenito dei quattro figli di Enrico Ferri che fu magistrato, ministro della Repubblica, segretario nazionale del Partito Socialista Democratico Italiano, poi esponente di Forza Italia, in seguito dell'UDEUR, nonché europarlamentare e sindaco di Pontremoli.
“Ho avuto la fortuna di vedere lavorare mio padre, di guardarlo impegnarsi in tante sfide. Ho imparato proprio da lui a ripartire e lasciare indietro le sconfitte” è il mantra con cui il giudice Cosimo Maria Ferri ha scalato montagne, tagliando traguardi ad altezze insidiose ma mantenute nel tempo. Nonostante, appunto, le insidie.
Ha iniziato la sua carriera professionale assegnato al Tribunale di Massa, prestando servizio sia presso la sede centrale, ove ha svolto funzioni penali, monocratiche e collegiali, sia presso la sezione distaccata di Carrara, ove ha svolto funzioni civili e penali. E proprio con la città dei suoi esordi lavorativi, Ferri ha stabilito un legame particolare che lo ha portato a candidarsi alla carica di sindaco nell’estate del 2022.
Nel suo curriculum somma ruoli ed incarichi di prestigio: sottosegretario di stato alla giustizia nei governi Letta, Renzi e Gentiloni, dal 2018 al 2022 parlamentare, è stato membro del Consiglio superiore della magistratura eletto ad appena 35 anni, nel 2006.
Il 2022 l’anno più sofferto: perde le elezioni di giugno a Carrara, perde alle elezioni amministrative di settembre e deve lasciare il Parlamento, il Csm gli apre un procedimento disciplinare per condotte commesse circa dieci anni prima. Allora Ferri era sottosegretario: l’aver accompagnato da Silvio Berlusconi a Palazzo Grazioli a Roma il consigliere di Cassazione Amedeo Franco, relatore della sentenza che nel 2013 condannò in via definitiva Berlusconi per frode fiscale nel processo Mediaset, costò a Ferri la perdita di due anni di anzianità con la l’accusa di “grave scorrettezza”. Un’accusa che si aggiungeva alla precedente sul caso Palamara. Quest’anno, ad agosto, le sezioni unite civili della Cassazione hanno annullato la sanzione, riconoscendo che “Sia la mera partecipazione che l’organizzazione di riunioni private costituiscono oggetto di un diritto costituzionale, il cui esercizio non è sindacabile sotto il profilo dello scopo e dell’oggetto della riunione”.
Non deve aver giocato a favore di Ferri l’appartenenza alla corrente della Magistratura indipendente, avversata da quelle toghe rosse di Magistratura democratica che Amedeo Franco definì “plotone d’esecuzione” con riferimento ai processi-Berlusconi.
Nel 2012 risulta il più votato alle elezioni dell’Associazione Nazionale Magistrati, incassando 1199 voti e sbaragliando le altre tre liste, assestando un duro colpo alle toghe rosse. Nonostante il risultato, Ferri non ottenne la presidenza dell’Associazione ANM.
L’esser finito nelle intercettazioni a cui dal 2019 era sottoposto Palamara, costò a Ferri il primo pesantissimo procedimento disciplinare che lo trascinò nella gogna mediatico-giudiziaria sulle influenze per la nomina del procuratore di Roma.
Lo scorso anno la giunta delle autorizzazioni della Camera ha votato il diniego dell’utilizzo di tutte le captazioni informatiche delle conversazioni di Ferri-Palamara richieste dalla sezione disciplinare del Csm, poiché ritenute intercettazioni indirette, casuali.
Sempre nel 2022, non passa alle elezioni amministrative e deve abbandonare il Parlamento. Trovandosi già in aspettativa da anni per mandato parlamentare, Ferri si dimette dal ruolo di consigliere comunale di opposizione intanto ottenuto a Carrara, per chiedere il ricollocamento in ruolo e lo svolgimento delle funzioni giurisdizionali. Facoltà che, però, su decisione in plenum a larga maggioranza del Csm sulla base di quanto previsto dalla riforma Cartabia, non gli viene concessa, per cui non può tornare in magistratura.
Ferri viene quindi collocato fuori ruolo al ministero della Giustizia. La riforma Cartabia sull'ordinamento giudiziario, peraltro oggetto di contrastanti interpretazioni sul punto, nella norma relativa allo stop alle 'porte girevoli' stabilisce infatti che i magistrati ordinari che hanno assunto cariche politiche dopo l'entrata in vigore della norma sono collocati fuori ruolo presso il ministero di appartenenza.
Oggi però, senza sconti Cosimo Ferri si riscatta risolutivamente, affiancando alla collocazione fuori ruolo presso il Ministero della giustizia, l’ottenuto incarico di consigliere nel Consiglio di presidenza della giustizia tributaria.