Si è tenuto ieri in piazza Aranci, davanti alla prefettura, il presidio indetto dall'associazione di promozione sociale "Rivoluzione Allegra" a sostegno delle attiviste sanzionate il 31 gennaio 2022 per aver partecipato all'azione di disobbedienza civile "I tuoi diritti sono fuori servizio", nel corso della quale una ventina di partecipanti salirono sugli autobus di linea rifiutandosi di esibire il Green Pass alle forze dell'ordine.
In seguito alla contestazione delle multe, da febbraio a maggio 2024 si terranno 4 diverse udienze davanti al Giudice di Pace e in occasione del presidio è stata portata avanti la raccolta fondi per le spese legali, giunta oggi a quasi 3 mila euro.
Davanti a un folto gruppo di manifestanti, il presidente di Rivoluzione Allegra, Giulio Milani, ha ricordato i motivi che portarono l'associazione a contestare le disposizioni relative al lasciapassare verde voluto dal governo Draghi, un sistema digitale che «consisteva nel ricattare le persone sui luoghi di lavoro, di ristorazione, per l'accesso a spazi e servizi pubblici come banche, poste, mezzi di trasporto, aree sportive e ricreative, anche se in assenza di un obbligo vaccinale per tutta la popolazione».
Loredana Soffio, insegnante, è intervenuta per ricordare la discriminazione dei docenti sospesi senza stipendio e «senza assegno minimo di sopravvivenza, che viene riconosciuto dallo Stato persino ai criminali più incalliti».
Bruno Ricci, in veste di giornalista, ha passato in rassegna le diverse sentenze che si sono succedute nel tempo a favore di quanti non rispettarono i provvedimenti del governo Conte e poi del governo Draghi «in materia di limitazioni alla circolazione, sospensioni dal lavoro, chiusura amministrativa di locali aperti al pubblico e il resto di vere e proprie violazioni di diritti costituzionali fondamentali che vennero effettuate dai governi nel triennio 2020-23».
In conclusione ha preso la parola Marco Lenzoni, infermiere e vice-presidente di Rivoluzione Allegra, per raccontare per quale motivo sia passato da una prima fase in cui ha creduto alla propaganda del terrore, specie in relazione a quanto stava accadendo a Brescia e a Bergamo, per poi constatare in prima persona, da lavoratore della sanità, che i morti si dovevano più ai tagli del sistema sanitario, alla mancanza di posti letto, di operatori, di dispositivi di protezione personale, di visite domiciliari, di cure precoci, che non alla forza del virus in sé.
In generale, sono state espresse critiche al protocollo dell'ex ministro della salute Roberto Speranza noto come "Tachipirina e vigile attesa", al blocco delle visite dei medici di base e poi alla campagna di vaccinazione universale attraverso l'impiego di un siero sperimentale i cui effetti avversi, alle volte letali, sono purtroppo ancora oggi tanto diffusi quanto denegati, nonostante il soprannumero di miocarditi, di pericarditi, di "malori improvvisi", che purtroppo stanno riguardando anche la fascia più giovane della popolazione, oltre ovviamente a tutti i danni psicologici, economici e sociali che la letteratura scientifica sta continuando a elencare in ordine al modo in cui fu affrontata l'emergenza.
Nel finale, a tale proposito, Milani ha posto in evidenza la linea di continuiità che esiste tra il modo in cui la stragrande maggioranza dei media, degli intellettuali e della classe politica ha raccontato l'emergenza sanitaria e la successiva narrazione a senso unico sul conflitto russo-ucraino e oggi su quello israelo-palestinese, affermando che «ci troviamo in presenza di una pericolosa deriva autoritaria, repressiva e di disciplinamento sociale capace di vincolare l'esercizio dei diritti democratici a una specie di "lasciapassare ideologico" circa le cose che si devono dire, magari senza pensarle, e quelle che si possono dire a rischio di essere tacciati di complottismo, negazionismo, terrapiattismo «da parte dei cosiddetti "candidisti" ossia di quanti credono, più o meno candidamente, che anche l'apparato di potere sia candido e rivolto a realizzare il nostro bene nel miglior modo possibile, quando invece ci sta portando dallo slogan "la salute al primo posto" sull'orlo della terza guerra mondiale "in difesa dei valori democratici"»: un controsenso su cui Milani invita tutti a riflettere come invita a riflettere sulla circostanza che «nel Paese delle larghe intese non abbiamo un'opposizione reale».