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Scritto da Redazione
Politica
11 Maggio 2024

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Il titolo è un azzardo. Ma si può fare? Salviamo le Apuane ritiene di sì e lo propone. L’articolo 3 dello Statuto del Parco delle Alpi Apuane recita: Finalità 1. L’Ente persegue il miglioramento delle condizioni di vita delle comunità locali; la tutela dei valori naturalistici, paesaggistici ed ambientali; il restauro dell’ambiente naturale e storico; il recupero degli assetti alterati in funzione del loro uso sociale; la realizzazione di un equilibrato rapporto tra attività economiche ed ecosistemi. 2. Tali finalità sono perseguite attraverso una gestione unitaria, particolare e continua per garantire la conservazione, la valorizzazione e lo sviluppo dei beni protetti. Condividiamo l’articolo ed, in specifico, si richiama l’attenzione sulla frase “la realizzazione di un equilibrato rapporto tra attività economiche ed ecosistemi”. Non ci sfugge che questo passaggio sia riferito alla particolarità del Parco e cioè la coesistenza di un’area protetta e di un’attività estrattiva che, per sua natura, modifica profondamente l’ambiente naturale. Poiché, nel complesso delle Apuane, l’attività estrattiva è la fonte maggiore di occupazione, si ritiene che, tout court, sia da difendere, ovunque, tale attività. Ma le Alpi Apuane, nel corso degli ultimi decenni, si sono diversificate molto divenendo, di fatto, due entità molto diverse fra di loro. Da una parte il territorio compreso nei confini del Parco Regionale delle Alpi Apuane e, dall’altra, la parte di Apuane esterna al Parco.  Nella seconda parte è evidentemente maggioritaria l’attività estrattiva. Ma la prima parte ha avuto uno sviluppo molto diverso, grazie all’attività del Parco Regionale ed alle iniziative della Regione Toscana e dei Comuni che hanno finanziato (dal PSR in poi) molti interventi di sviluppo economico diverso dall’attività estrattiva e soprattutto nel campo del turismo (il Geoparco Unesco, le 3 Grotte Turistiche, la ricettività, la ristorazione, i prodotti tipici, l’escursionismo, l’alpinismo, la didattica, ecc.). A ciò si aggiunge l’azione notevole svolta dal CAI, dalle associazioni speleologiche, dalle Guide del Parco che hanno organizzato la rete sentieristica (amplissima come dimostra la Mappa interattiva del sito web del Parco delle Apuane) e quella in grotta, attrezzando anche un numero molto alto di rifugi alpini. Inoltre, vasta è stata l’azione dei privati che hanno impiantato agriturismi, B&B, case vacanza, hotel, affittacamere. Ciò ha creato un quadro molto interessante in cui, nel territorio dentro il Parco l’attività economica maggioritaria è fondamentalmente quella turistica e di attività sostenibili, rispetto all’attività estrattiva e, nel territorio esterno al Parco, l’attività principale è quella estrattiva. Di conseguenza, va evidenziato che lo Statuto citato, relativo all’Ente Parco, non può che vedere l’attività con cui trovare l’equilibrio e da tutelare armonicamente con l’ambiente nel turismo e settori collegati e non nell’attività estrattiva che non è predominante nel Parco. Pertanto, si pone la necessità, dal punto di vista economico, di prendere atto che le Alpi Apuane si compongono di due aree fra loro ben distinte: quella dentro il Parco e quella fuori. La prima mantiene un ambiente ancora ampiamente protetto, proteggibile e ricostruibile laddove sono oggi cave mentre la seconda, specialmente a Carrara, è, di fatto, irrecuperabile dal punto di vista ambientale ma è diventata un bacino di estrazione industriale. L’obbiettivo, sancito dalla Costituzione, per tutti, è trovare un equilibrio fra le esigenze della protezione dell’ambiente e la necessità di salvaguardia del lavoro.

 Salviamo le Apuane propone una soluzione semplice, in 5 punti, per far ciò.

  • Individuare e specializzare come unico sito di estrazione industriale del marmo, di forte potenza, i grandi bacini storici di Carrara e solo quelli in tutte le Apuane.
  • Specializzare il turismo e settori collegati come attività principale all’interno del Parco delle Apuane eliminando dai suoi confini, in quanto incompatibili con le ragioni della tutela ambientale e l’attrazione turistica, le cave di marmo (eliminando le Aree Contigue di Cava).
  • Attivare l’obbligatorietà, prevista dalla Legge Regionale 35/2015, che il 50% del marmo escavato sia trasformato in loco (nelle Apuane) e riattivare/creare molti laboratori di lavorazione di qualità del marmo cavato a Carrara ma dislocati nei Comuni che hanno visto chiudere le cave sul loro territorio, in modo da riassumere il personale degli ex cavatori locali. I laboratori riceveranno il marmo in blocchi direttamente dai bacini di Carrara, anche tramite treno, al fine di limitare il movimento di mezzi inquinanti (camion).
  • Impostare con la Regione Toscana un’azione di marketing territoriale di valorizzazione del Marchio Made in Italy del Marmo di Carrara, il marmo di Michelangelo al fine di competere –con una qualità d’immagine insuperabile- la concorrenza del marmo di altre nazioni e continenti.
  • Completare il processo individuato dalla Legge 394/1991 (Legge Quadro delle Aree Protette) con la costruzione del Parco Nazionale delle Alpi Apuane e dell’Appennino toscoemiliano ricompattando il territorio individuato nella legge, come anche fonte di finanziamento nella fase di primo lancio.

Questa soluzione permette:

  • di continuare l’escavazione come da legge attuale a Carrara, dove sono i bacini di gran lunga più grandi e ricchi di marmo e di marmo pregiato;
  • di eliminare dal Parco delle Apuane attività incompatibili con la protezione ambientale come sono le cave (e le Aree Contigue di Cava);
  • di salvaguardare il numero di posti di lavoro nei Comuni del Parco riconvertendo i cavatori (che fanno un lavoro usurante) in lavoratori da laboratorio (il cui lavoro non è usurante);
  • di poter usare il Marchio Made in Italy Marmo di Carrara come elemento vetrina sia dell’ambiente di cava che dell’ambiente naturale apuano;
  • di avere un’entità nazionale (e non solo regionale) come Parco con un peso molto più forte, anche economico.

Salvare le Apuane e il lavoro apuano si può, riunificando un territorio fortemente lacerato e conflittuale fra le ragioni della difesa del lavoro e dell’ambiente. Necessita uno sforzo di tutti, dalle Istituzioni democratiche, ai Sindacati, alle Associazioni,  alle Imprese, alla Chiesa, alla società civile. Ma si può fare.

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