Non si placano le proteste e gli appelli, con la speranza che non siano inutili, per provare ad arginare i futuri e devastanti tagli che si abbatteranno sulla sanità nazionale, con le località montane e periferiche che verranno considerate veri e propri agnelli sacrificali per mantenere “almeno” i centri medici delle città.
Il covid sembra davvero non aver insegnato nulla, e dopo due anni di proclami ed elogi ai “medici-e-infermieri-eroi” si ritorna alla vecchia tiritera degli ultimi trent’anni, con un servizio pubblico ormai ridotto all’osso e in preda agli isterismi della produttività economica (chiamasi anche prestazione medica).
Sulla questione, con particolare attenzione allo stop del servizio della guardia medica (o forse qualcuno preferisce dire l’inizio del “servizio telefonico”), si è pronunciato anche il sindaco di Tresana, e coordinatore di Forza Italia con delega agli enti locali, Matteo Mastrini, che considera “devastante l’idea di lasciare una vasta area della Lunigiana con un semplice numero d’emergenza.
“Riorganizzare la guardia medica, prevedendo che dalle ore 24 alle ore 8 sia attivo solo un centralino sarebbe devastante. La sanità, soprattutto nelle zone periferiche e marginali, ha bisogno di investimenti”.
La situazione della zona di cui parla Mastrini, che approssimativamente riguarda Licciana Nardi, Comano e Tresana, è arrivata persino alla ribalta nazionale grazie al programma “Il cavallo e la torre” di Marco Damilano.
I medici di base sono ormai merce rara, e l’assenza notturna del servizio di continuità porterà 8mila persone a far preghiere in momenti in difficoltà, visto che tutto il resto sembra precluso. Per Mastrini è necessario ridiscutere con la regione sui prossimi passi da fare in merito alla questione sanità.
Un ambito dove risiedono circa 8mila persone – la zona tra Licciana Nardi, Comano e Tresana – e che nel 2021 poteva contare su sei medici di famiglia: due sono andati in pensione nel 2022, due andranno in pensione nel 2023 e quindi, fra sei mesi, avremo soli due medici in servizio. Se a ciò aggiungiamo il taglio notturno della guardia medica, che risponderà al telefono senza ricevere in ambulatorio e visitare a domicilio nelle ore notturne, è chiaro che ci troviamo già a fare i conti con il depauperamento del sistema socio sanitario. In questo quadro difficile e desolante si inaugurano le cosiddette case di comunità, ma se non abbiamo il personale che potrebbe farne parte, chi ci metteremo dentro? Dobbiamo essere chiari: occorre evitare che un investimento sanitario si trasformi in un semplice e inutile, a questo punto, intervento edilizio. Cominciamo però chiedendo alla regione di far retromarcia sulla riorganizzazione della guardia medica. Non è così che si risolvono i problemi del territorio”.