“L’abbattimento di un pino all’interno del complesso sportivo "La Caravella" – avvenuto in piena stagione di nidificazione, in violazione delle normative ISPRA e LIPU – è solo l’ultimo episodio di una gestione miope del patrimonio arboreo cittadino. Questo caso, tuttavia, offre lo spunto per una riflessione più ampia sul progetto di riqualificazione dell’area, finanziato con fondi PNRR, che rivela, a nostro avviso, criticità ambientali, tecniche e amministrative di grave entità”: parte così l’analisi di Associazione Arca sul progetto della Caravella di Marina di Carrara che ritiene sia un percorso carente di cultura del verde. “Nonostante la retorica della sostenibilità, nonostante il miglioramento degli impianti sportivi e alcuni aspetti estetici, il progetto dimostra una preoccupante assenza di attenzione per il valore ecosistemico del verde esistente. Gli alberi maturi vengono abbattuti senza analisi VTA, senza valutazioni strumentali puntuali, senza un bilancio dei benefici perduti (assorbimento di anidride carbonica, ombreggiatura, regolazione idrica), senza garanzie di sostituzione graduale, come previsto dalle linee guida nazionali ed europee. La loro perdita avrà effetti misurabili sul microclima urbano e sulla salute pubblica. Val la pena ricordare che ogni pino adulto assorbe in media circa 20 chili di anidride carbonica all’anno.
La relazione agronomica allegata al progetto generalizza lo stato di "senescenza" della pineta senza analisi individuali delle piante; senza indicazioni specifiche su quali, quante e in che condizioni; gnora il principio di gradualità, optando per un abbattimento in blocco, in un’unica soluzione, definito più economico (per chi?, per cosa?), ma certamente dannoso per l’ecosistema, in contrasto con la buona pratica della sostituzione graduale; non fornisce un bilancio ecosistemico tra alberi eliminati e nuovi impianti, lasciando un vuoto di anni, se non decenni, nei servizi ambientali. La cementificazione è mascherata da sostenibilità: sposta il cemento invece di ridurlo. Il progetto infatti vanta una riduzione delle superfici impermeabili, ma si tratta di un artificio, di un’illusione contabile: si demolisce cemento in disuso in alcune aree, mentre si costruisce su suolo verde in altre (pista skate, tribune, percorsi); il saldo numerico appare invariato, ma la pressione edilizia si sposta su zone prima naturali, peggiorando la qualità del suolo. Una vera decementificazione richiederebbe la restituzione di aree alla permeabilità naturale, non un mero rimpallo di superfici. Inoltre vi sono rischi di non conformità con il PNRR. I fondi europei impongono il rispetto del principio DNSH (Do No Significant Harm), trasparenza e coerenza con la transizione ecologica. Tuttavia l’abbattimento indiscriminato non è giustificato da urgenze documentate; manca una valutazione paesaggistica chiara (come richiesto dal D.Lgs. 42/2004) e, a quanto appare, il coinvolgimento della Soprintendenza; le tempistiche del PNRR non possono giustificare scelte ambientali affrettate. Rinnoviamo il nostro richiamo ad un cambio di paradigma, perché il verde urbano non è un ornamento, ma un bene comune essenziale per la salute, il clima e la vivibilità. È tempo di mettere il verde al centro delle politiche urbane, non in fondo alla lista. Chiediamo alle istituzioni la revisione tecnica del progetto, con perizie agronomiche puntuali e un piano di sostituzione graduale; la verifica della legittimità degli abbattimenti, incluso il rispetto delle norme sulla nidificazione; il bilancio ecosistemico trasparente, con garanzie sulla compensazione ambientale e il coinvolgimento civico nelle scelte, nel solco della trasparenza promessa dal PNRR.