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Scritto da Redazione
Politica
21 Giugno 2021

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"In tema ambientale, chi inquina paga; in tema di cava, chi produce scarti e non rimuove paga e chiediamo l'introduzione di una polizza che il concessionario versi subito a garanzia della rimozione degli scarti di lavorazione": non hanno dubbi GriG e Italia Nostra Apuo Lunense, le due associazioni ambientaliste: è questo il paradigma da adottare e non quanto previsto dall'amministrazione carrarese che avrebbe bisogno invece di uno "scatto di orgoglio".

Il GriG e Italia Nostra Apuo Lunense uniscono le forze quindi, parlano di norma cavillo e interpellano a viva voce la regione Toscana perché intervenga nei confronti dell'amministrazione carrarese rea, secondo le associazioni, di tradire lo spirito del dettato delle norme quadro regionali in materia di filiera corta del lapideo, in virtù di una formula troppo generica. Sappiamo che le amministrazioni comunali che svolgono attività estrattiva, per volontà del legislatore regionale dovevano adottare Pabe, a tutela dell'ambiente, e regolamento degli agri marmiferi, per disciplinare l'estrazione: l'intento della Toscana era debellare il far west fino ad ora esistito e normare il settore. Ma qualcosa non torna per le due associazioni ambientaliste e la Toscana viene così chiamata a bacchettare e richiamare Carrara: la città del marmo sta introducendo un regolamento per estendere la durata delle concessioni fino a 25 anni e per il quale l'assessore al marmo Matteo Martinelli ventila l'ipotesi di vedere aumentare in modo vertiginoso le entrate con possibilità di investimenti in città. Ma a prezzo di cosa? Se lo chiedono GriG e Italia Nostra Apuo Lunense.

A questo proposito, denunciano in un comunicato stampa le due associazioni ambientaliste:" Il comune di Carrara intende modificare il vigente regolamento sugli agri marmiferi, introducendo una norma cavillo a favore dei soli cavatori per estendere la durata della concessione fino a 25 anni, in pregiudizio della filiera corta, del lavoro e della salvaguardia dell'ambiente e del paesaggio, con l'escamotage di favorire una premialità legata a progetti di interesse generale. Ma il legislatore regionale è stato chiaro: ha parlato di filiera corta e di eventuale impegno allo sviluppo di un progetto di interesse generale che generi nuova occupazione". 

 

Secondo le due associazioni, si tratterebbe di una compensazione in termini di occupazione, una specie di risarcimento per il danno ambientale irrecuperabile subìto. E infatti esse sostengono: "Le ricadute occupazionali e di sviluppo economico e sociale del territorio interessato dalle cave di marmo apuano, che le previsioni sulla cosiddetta filiera corta intendono promuovere, rappresentano un'evidente misura compensativa delle rilevanti incidenze inevitabilmente prodotte dall'attività estrattiva in generale, e quella del settore lapideo di cui si tratta in particolare, ciò, a maggior ragione, in relazione al paesaggio delle Alpi Apuane ed alla risorsa "marmo" ivi presente, unici al mondo, non riproducibili né integralmente ripristinabili".

A fronte di queste premesse, sono state due le bisettrici su cui si sono mosse GriG e Italia Nostra Apuo Lunense: richieste di sorveglianza più serrata per la regione e rivisitazione completa dei paradigmi adottati da Carrara.

Prima di tutto hanno sottoposto alla Toscana alcune questioni: se sia legittimo introdurre agevolazioni a fronte di progetti non precisati, di sorvegliare l'applicazione della normativa  in ordine alle cause di decadenza e di controllare l'esistenza nelle società concessionarie del famoso socio parassita: "Abbiamo dunque chiesto in questi giorni alla regione Toscana - si legge nella nota - di:

1) chiarire se è possibile estendere la concessione introducendo bonus di annualità a fronte di indefiniti progetti lasciati ai desiderata dei cavatori stessi; 

2) verificare il rispetto della normativa estense per i richiedenti l'estensione della concessione in merito a cause di decadenza per: 

- inattività dell'esercizio della concessione protratta per due anni; 

- mancato pagamento del canone per due anni; 

- mancata ricognizione in dominum dell'agro marmifero;

3) verificare la regolarità di concessioni che non hanno mai coltivato l'agro marmifero (ad esempio Concessione n.1 + altre), godendo, in qualità di "soci parassiti", della distribuzione dell'escavato".

In secondo luogo, in tema di allungamento della concessione, le associazioni chiedono che si consideri e si pesi in base alla resa del blocco (quanto blocco resta integro e quanto si frantuma durante l'operazione di estrazione) e alla capacità del concessionario di "ripulire" dai detriti.

"Chiediamo al Comune di Carrara - si legge nella nota - uno "scatto di orgoglio" nel proporre veri strumenti di premialità della durata della concessione, non necessariamente fino a 25 anni, in rapporto: 

1) alla resa, fissando percentuali superiori al 30% di produzione di blocchi, semi blocchi, lastre e marmette per ottenere l'estensione, con esclusione dei derivati di produzione (scaglie); 

2) alla gestione del detrito al monte, inserendo nel regolamento la previsione di una polizza fideiussoria a favore del Comune, al momento del rilascio dell'autorizzazione estrattiva, di immediata escussione, a garanzia della rimozione degli scarti di lavorazione, terra e roccia, prodotti durante ogni anno di attività, in quanto, se non funzionali all'attività estrattiva autorizzata, come previsto dai PABE, devono essere rimossi entro l'anno di produzione, pena l'applicazione di sanzioni in tema di rifiuti di estrazione e deposito incontrollato e riduzione dell'annualità della concessione. Una proposta, dunque, forte e innovativa" conclude il comunicato.

 

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