La rassegna letteraria “Il Pensier Lib(e)ro” è nata nel 2023, grazie a un’idea sviluppata dall’Associazione “Qulture” di Carrara. Il titolo riprende un celebre verso della canzone “Dimmi bel giovane”, scritta dall’apuano F.G. Bertelli, che vuol richiamare alla mente sia l’intima connessione concettuale di termini quali “libro” e “libertà” sia la città che ospita lo svolgimento della rassegna. La manifestazione, di cui si sono svolte a oggi le prime tre edizioni, si è rapidamente affermata come spazio di confronto con gli scrittori italiani e il pubblico che gli ruota attorno. Attraverso un’originale formula di presentazione di libri e Lectio magistralis, la rassegna si è dedicata all’approfondimento di alcune linee tematiche che in questi ultimi anni hanno attraversato la produzione letteraria e saggistica italiana: in particolare, il legame letterario con la storia del Novecento italiano e la riflessione sul suo presente e sul suo futuro sociale, esistenziale e tecnologico. Per sancire e incrementare in modo definitivo il credito guadagnato verso il pubblico, lo scorso anno la manifestazione si è dotata di un proprio logo che caratterizza i contenuti e l’identità della rassegna e la differenza dalle altre manifestazioni cittadine dello stesso tipo. Hanno partecipato finora, tra gli altri, autori quali (in ordine alfabetico): Simona Baldelli, Valentina Berengo, Daria Bignardi, Nicoletta Bortolotti, Daniela Carmosino, Andrea Carraro, Paolo Codazzi, Claudia Durastanti, Emiliano Ereddia, Lisa Ginzburg, Monica Lanzillotta, Roberta Lepri, Lietta Manganelli, Sebastiano Mondadori, Luca Nannipieri, Davide Orecchio, Carmen Pellegrino, Alberto Riva, Tiziano Scarpa, Piera Ventre, Nicoletta Verna, Dario Voltolini.Anche quest’anno la rassegna si avvale del contributo del comune di Carrara e della collaborazione di Mondadori Bookstore Carrara, Hotel Carrara, Ristorante Roma e del fotografo Massimo Susini, cui si aggiungono, per questa edizione, il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Carrara e Areaventi EHS Srl di Bologna.
La rassegna si svolge tradizionalmente il sabato presso la Sala Gestri della Biblioteca di Carrara. Tuttavia per quest’anno, le prime due presentazioni si terranno nella Sala Conferenze di Palazzo Binelli. Orari e sedi saranno di volta in volta comunicati.
Titoli e biobibliografia degli autori:
Monica Gentile, La stanza di Natalia (Giunti). Isabella ha dieci anni quando il suo mondo si sgretola: la madre abbandona improvvisamente la famiglia e il padre, del tutto inadeguato ad affrontare la situazione, decide di mandarla in vacanza dai nonni. È l’estate del 1981, e Isabella lascia la sua Agrigento per il nord. Ancora non lo sa, ma è il viaggio che cambierà per sempre la sua vita. A Torino la aspettano lo zio Alfredo, di cui è da sempre un po’ innamorata, il nonno Pacifico e soprattutto Antonia, la nonna generosa e immodesta, geniale e bugiarda, che ha il dono speciale di inventare storie per alleviare il peso di un’esistenza faticosa. La fantasia è un talento, un potere, l’àncora cui aggrapparsi quando la realtà grigia ci sommerge: e Isabella ne viene travolta. Antonia lavora come donna delle pulizie alla casa editrice Einaudi e ogni giorno torna a casa con resoconti strabilianti. C’è un signore di nome Calvino che adora le alici fritte, ma gli guastano il sonno, così la mattina annota su un taccuino gli incubi per trasformarli in bellissimi racconti. C’è Elsa Morante, perdutamente innamorata di tutti i gatti, pure se randagi o malaticci. E c’è Natalia Ginzburg, che scrive reclusa in una stanza dove lascia entrare soltanto i bambini. Isabella si rifugia nell’incanto che solo certe magnifiche menzogne sanno evocare, ma l’indifferenza degli adulti e le loro logiche odiose la feriscono. Così un giorno, spinta dalla sua innata disposizione a mettersi nei guai, compie un gesto di ribellione folle e sorprendente. Quello che, però, la porterà a fare pace con sé stessa e forse, una volta per tutte, con il mondo dei grandi.
Monica Gentile è nata ad Agrigento. Dopo aver vissuto alcuni anni tra Francia, Regno Unito e Roma, è rientrata in Sicilia e oggi vive e lavora a Palermo. Ha frequentato per diversi anni i laboratori di scrittura creativa presso “Lalineascritta”, tenuti da Antonella Cilento. Ha esordito nella narrativa nel 2014 con Tira scirocco, dopo aver ottenuto una menzione al Premio Calvino. Nel maggio del 2019 è uscito Cosa può salvarmi oggi.
Carlo D’Amicis – Lectio Magistralis:“E anche questo mi nuoce.” L’enigma Pasolini. Per i cinquant’anni dalla morte di Pier Paolo Pasolini. La sua opera. Il mistero della sua fine violenta.
Carlo D’amicis è nato a Taranto, ma vive e lavora a Roma. Ha pubblicato dodici romanzi, tra i quali Il Gioco è stato nel 2018 finalista al Premio Strega. Dal suo romanzo La guerra dei cafoni nel 2017 è stato tratto un film di Davide Barletti e Lorenzo Conte, di cui ha firmato la sceneggiatura, poi candidata al David di Donatello 2018 per la migliore sceneggiatura non originale e un recital di Sergio Rubini, portato in diversi teatri italiani. Dal suo romanzo breve Maledetto nei secoli dei secoli è stato tratto uno spettacolo teatrale interpretato da Valentina Sperlì per la regia di Renata Palminiello. Ha firmato anche la sceneggiatura del film Se mi lasci ti sposo, in onda su Rai 1 nel 2022. È autore del programma radiofonico di Radio 3 “Fahrenheit” e autore del programma di Rai 3 “Quante Storie”. È stato per dieci anni capitano della nazionale scrittori “Osvaldo Soriano Football Club”.
Filippo la Porta, Elogio della vita ordinaria. Contro un’idea di falsa grandezza (Il Saggiatore, 2025). E se, in un’epoca in cui ci si aspetta che ogni esistenza sia eccezionale e degna di essere raccontata, la vera ribellione fosse restarsene sul proprio sofà, senza voler dimostrare nulla? Con profondità e ironia, Elogio della vita ordinaria ci invita a sottrarci al culto della visibilità, alla retorica dell’autorealizzazione, alla corsa verso il successo.
Attraverso una galleria di figure minori della letteratura e della filosofia – dalla Lady Bertram tratteggiata da Jane Austen all’Oblomov di Gončarov –, Filippo La Porta costruisce in queste pagine una controstoria dell’eroismo umano, mettendo in luce una forma alternativa di grandezza. La sua è una presa di distanza dall’onnipresente esaltazione dell’unicità, del vitalismo e del superamento dei limiti che vuole celebrare la possibilità di un’esistenza lontana dai riflettori, vissuta senza voler raggiungere nessun primato, testimoniando anzi come la routine, l’inazione e la marginalità possano essere luoghi di pienezza e autenticità. Alternando i ricordi personali alle idee di pensatori quali Arendt e Camus, Orwell e Brancati, La Porta restituisce dignità alla fragilità e alla semplicità, in un mondo che tende a giudicare le persone soltanto in base al consenso sociale ottenuto e alla capacità di raccontare i propri risultati. Elogio della vita ordinaria ci mostra invece come il vero eroismo oggi non risieda nel farsi notare, ma nel restare fedeli a se stessi; non nel superarsi, ma nel saper semplicemente «essere». Perché – come scriveva Pirandello –
«è molto più facile essere eroi che galantuomini. Eroe si può essere una volta tanto,
galantuomo bisogna esserlo sempre.
Filippo la Porta è nato a Roma ed è un saggista, giornalista e critico letterario italiano. Ha scritto libri di saggistica e critica, tra i quali La nuova narrativa italiana. Travestimenti e stili di fine secolo (1994) nel quale è disegnata una mappa degli scrittori italiani contemporanei divisa per stili e correnti letterarie. Con Giuseppe Leonelli ha pubblicato, nel 2007, per Bompiani, un Dizionario della critica militante. Un altro libro significativo della sua produzione è Pasolini, uno gnostico innamorato della realtà, che analizza la poliedrica attitudine artistica e critica del soggetto. Collabora regolarmente con testate giornalistiche quali “Repubblica” e “L’Unità”, “Il Messaggero” e “Left”. Insegna alla Scuola Holden di Torino, all’Università Luiss e alla scuola Molly Bloom di Roma. Delle sue innumerevoli pubblicazioni citiamo, tra le più recenti: Poesia come esperienza. Una formazione nei versi (2013); Come un raggio nell’acqua. Dante e la relazione con l’altro (2021), tradotto in Messico; Splendori e miserie dell’impegno. L’impegno civile degli scrittori da Manzoni a Murgia (2023); L’arte del riassunto (2024).
Giacomo Sartori, Anatomia della battaglia (Terrarossa, 2025). Un padre carismatico alpinista che ha fatto dei miti fascisti di gioventù un anacronistico modello comportamentale, e ora malato; una madre ossessionata dalle apparenze e mossa da un irrefrenabile vitalismo; un fratello votato alla perfezione e una sorella in fuga fin da bambina: il narratore osserva le loro anaffettive e inconciliabili solitudini e cerca di prepararsi alla morte del genitore, di comprendere da dove scaturisca la forza recondita del loro legame, come e perché per quell’eterno reduce di guerra il cancro sia solo una sfida privata e disprezzabile. E mentre il corpo del padre resiste strenuamente alla morte, il protagonista analizza il proprio lessico famigliare alla ricerca di spiegazioni e fa i conti con la vocazione alla scrittura e con i sotterranei moventi della propria adesione ai movimenti estremisti della sinistra negli anni ‘70. Un romanzo scritto senza indulgenza, che racconta come la storia, mimetizzata nelle consuetudini di ogni famiglia, plasma inavvertitamente o meno l’esistenza di ciascuno di noi.
Giacomo Sartori (Trento, 1958) è agronomo e pedologo e vive a Parigi. Nel 2023 ha scritto un libro di saggi sull’agricoltura e sulle relative problematiche ambientali. Nell’anno in corso pubblicherà una raccolta di scritti sul suolo (alcuni dei quali sono già presenti sul blog della “Massachusetts Review”). Anatomia della battaglia, ora riproposto da TerraRossa Edizioni, uscì nel 2005 nella collana diretta da Giulio Mozzi per Sironi; già pubblicato in Francia dalle edizioni Philippe Rey, uscirà negli Stati Uniti nel 2026 con Coffee House. Tra gli ultimi suoi romanzi: Sono Dio (2016), la traduzione americana del quale (2018) è stata selezionata tra i Financial Times Best Books del 2019, ha vinto il Foreword INDIE Gold Award for Literary Fiction del 2019 e l’Italian Prose in Translation Award del 2020; Baco (2019, è stato finalista ai premi Procida e Philip K. Dick Award 2022); Fisica delle separazioni (2022, è stato finalista Premio Chianti). Giacomo Sartori è curatore del collettivo letterario online Nazione Indiana.
Giuseppe Lupo, Storia d’amore e di macchine da scrivere (Marsilio, 2025). Una favola cibernetica avvincente e tenera, scritta con una lingua ilare e trasognata. Una storia d’amore, anzi due.
Salante Fossi, inviato del Modern Times, si trova a Skagen durante il solstizio d’estate, per festeggiare il compleanno del Vecchio Cibernetico e, molto probabilmente, la sua vittoria al Nobel. Il Vecchio Cibernetico ha quasi cent’anni, è nato in Ungheria, è fuggito da Budapest con una donna mentre i carri armati sovietici invadevano la città, ha vissuto e studiato in tutta Europa e, da qualche anno, si è stabilito in Portogallo. Va in giro con la custodia di una Olivetti Lettera 22 per ricordarsi che, dopo anni passati sulle macchine da scrivere e sulle macchine calcolatrici, su vocabolari in ogni lingua, ha inventato Qwerty. Qwerty è la rivoluzione. Non c’è intelligenza artificiale che sia all’altezza di Qwerty. Non c’è cosa che Qwerty non possa fare, anche se nessuno sa che forma abbia, né cosa sia.
Salante Fossi non riesce a ottenere niente dal Vecchio Cibernetico, che alle sue domande non risponde, e anzi divaga tra la memoria e i sogni che lo inseguono da una vita, come fantasmi. Ascoltando le sue parole e i silenzi, scoprirà che alcune presenze sono tali anche senza i corpi, che la memoria è un sentimento, che la storia delle macchine in Europa e nel mondo è passata da Ivrea, dall’immaginazione di Adriano Olivetti, che si possono avere molte identità, ma un solo fine, e che Qwerty ha bisogno degli esseri umani così come gli esseri umani hanno bisogno di Qwerty. Una favola cibernetica avvincente e tenera, scritta con una lingua ilare e trasognata. Una storia d’amore, anzi due.
Giuseppe Lupo, è nato ad Atella (PZ) è uno scrittore e saggista italiano. Dopo essersi laureato con una tesi su Leonardo Sinisgalli insegna oggi Letteratura italiana contemporanea presso l’Università del Sacro Cuore di Milano, dove vive. I suoi libri presentano un forte interesse antropologico e geografico: i primi romanzi sono ambientati in una Lucania immaginaria e onirica, i saggi e i successivi romanzi sono stati dedicati all’Italia della modernità industriale, soprattutto la Milano del boom economico, e a certe realtà di città e paesi stranieri. Con i suoi romanzi ha vinto numerosi premi letterari, fra cui il Viareggio-Rèpaci, il Campiello-Selezione giuria dei letterati, il Mondello, il Vittorini, il Giuseppe Berto, l’Alassio-Centolibri, il Dessì, il Frontino-Montefeltro e il Friuli Venezia Giulia. Nel 2018 da Gli anni del nostro incanto è stata tratta una pièce teatrale. Ha pubblicato saggi sulla cultura del Novecento e curato le opere letterarie di Libero De Libero, Franco Fortini, Ottiero Ottieri, Mario Pomilio, Leonardo Sinisgalli, Elio Vittorini. Collabora alle pagine culturali del “Sole 24 Ore”, dirige la rivista “Studi Novecenteschi” e la collana Novecento.0 per Hacca Editore.
Yari Selvetella, La mezz’ora della verità (Mondadori, 2025). Yari Selvetella, con pungente umorismo e dando vita a una serie di personaggi memorabili, mette in scena le fragilità della nostra epoca, con un romanzo in cui il ritmo incalzante della commedia cresce fino a gettare inattesi scorci di luce, sulle contraddizioni della contemporaneità.
Si insinuano nell’intimità degli appartamenti, rimbalzano tra le facciate dei palazzi, aleggiano nelle vie, nei giardini della piazza dell’Acquario: sono i responsi di Varami, l’app in grado di confermare o smentire la veridicità di ciò che le persone affermano. All’inizio sembra la realizzazione di un desiderio proibito: poter accedere ai pensieri altrui. Varami soddisfa ogni curiosità, anche la più inconfessata: si può verificare se il nostro coniuge ci è fedele, se una vecchia zia intende lasciarci l’appartamento in eredità, se la ragazza di cui siamo innamorati ci vuole bene sul serio; si possono smascherare i bluff dei politici e tutte le meschine ipocrisie del vivere quotidiano. Intanto, però, altri interrogativi prendono corpo: trovarci così esposti a questo nuovo oracolo ci renderà più sinceri o solo più reticenti? Quali sono i criteri utilizzati dall’app? E qual è il suo vero scopo? Di settimana in settimana, anziché chiarirsi, la questione si complica. Prima Varami prende possesso
degli spazi domestici e, approfittando di smartphone e tablet, di impianti stereo e tv, inizia a emettere le sue sentenze. Poi la situazione precipita. Ogni giorno alle 18, sfruttando gli altoparlanti a disposizione in tutta la città, Varami propala per trenta minuti esatti i suoi giudizi universali: è la mezz’ora della verità. Per i protagonisti viene il tempo di porsi le domande più scomode: quanto c’è di credibile in questa storia? E quanto di autentico nella verità che stiamo vivendo?
Yari Selvetella, è nato a Roma, dove vive. È uno scrittore e giornalista italiano. Nel 1994 ha vinto il premio Grinzane Cavour per la giovane critica promosso da “La Repubblica”. È autore di romanzi tra cui Vite mie (2022); Le regole degli amanti (2020), premio Cambosu; Le stanze dell’addio (2018), tra i dodici finalisti al Premio Strega, finalista al Premio Wondy e selezione Premio Società Lucchese dei Lettori. È stato anche autore di Uccidere Ancora (2009), la cui trama è liberamente ispirata al Massacro del Circeo e La banda Tevere (2015). Ha esordito con libri di argomento musicale. Suoi la prima biografia di Rino Gaetano (2001) e un saggio su la scena ska italiana (2003). Si è a lungo occupato di storia della criminalità romana, tema di cui è considerato uno dei maggiori esperti grazie a Roma Criminale (scritto con Cristiano Armati) del 2005, prima opera di non-fiction a ripercorrere un secolo di cronaca nera della Capitale, e ai successivi Banditi, Criminali e Fuorilegge di Roma e Roma, l’impero del crimine, che anticipava il tema della diffusione delle mafie a Roma. Giornalista professionista, è autore televisivo (Linea Verde, Il caffè di RaiUno), inviato (Unomattina) e presentatore (Il caffè di RaiUno). Suoi racconti sono stati pubblicati su “Nuovi Argomenti”, “K-Linkiesta”, “Finzioni - Domani”, “Robinson - La Repubblica”.
Elvira Mujčić, La stagione che non c’era (Guanda, 2025). L’autrice, che durante le guerre jugoslave era una bambina come Eliza, racconta i destini individuali attraverso cui si muove il destino di un Paese intero, animato dagli stessi sogni dei suoi protagonisti, che inevitabilmente si scontrano con la fine delle proprie utopie. La Jugoslavia diventa così il simbolo di ciò che accade quando il culto del passato si esaspera e si trasforma in violenza, teatro di paure e inquietudini così simili a quelle del nostro presente.
Jugoslavia, 1990. L’aria è tesa, le voci dei nazionalisti si fanno sempre più insistenti. Ma c’è ancora tempo, c’è ancora spazio per scongiurare gli allarmi che arrivano dalle zone di confine. In questa atmosfera elettrica, due giovani fanno ritorno alla loro cittadina nella Bosnia orientale. Nene è un artista ossessionato dall’eventualità che il suo Paese possa d’improvviso non esistere più, che nessuno ricordi più cosa significa essere jugoslavi, e immagina di realizzare un’opera che testimoni il mondo in cui la sua generazione è cresciuta. Merima, l’amica degli anni della scuola, crede nella politica, nel sogno di
«fratellanza e unità» dei popoli, e cerca di contrastare i venti burrascosi che soffiano nel Paese, sperando così anche di distrarsi da una ferita d’amore. E poi c’è Eliza, la figlia di
Merima, una bambina di otto anni che sta pianificando un viaggio per raggiungere il padre che non ha mai conosciuto e di cui conserva solo un biglietto di auguri.
Elvira Mujčić è nata nel 1980 a Loznica (Serbia). Trasferitasi a Srebrenica, in Bosnia, vi ha vissuto fino all’inizio della guerra, nel 1992. Risiede in Italia da più di vent’anni e lavora come scrittrice e traduttrice letteraria. Nel 2007 ha firmato Al di là del caos. Cosa rimane dopo Srebrenica, un diario di viaggio che è un urlo contro l’orrore di un efferato genocidio della storia recente, consumatosi l’11 luglio 1995. Il romanzo E se Fuad avesse avuto la dinamite? (2009) è invece la storia di Zlatan, un ragazzo fuggito dalla guerra in Bosnia che, dopo anni trascorsi da esule in Italia, ormai trentenne, torna a interrogarsi sulle contraddizioni e le incomprensioni della sua gente. L’esperienza dello sradicamento e del difficile dialogo tra culture e linguaggi caratterizza anche i libri successivi di Mujčić, in particolare: La lingua di Ana (2012), Dieci prugne ai fascisti (2016) e Consigli per essere un bravo immigrato (2019). Nel 2023 è uscito per Crocetti La buona condotta, un romanzo ambientato all’indomani dell’indipendenza del Kosovo, seguito nel 2025 da La stagione che non c’era (Guanda).
Valerio Aiolli, Portofino Blues (Voland, 2025). Libro incluso nella dozzina finalista del Premio Strega 2025, presentato da Laura Bosio nell’ambito dei titoli proposti dagli Amici della domenica al Premio Strega 2025.
Ricostruendo come in un puzzle questa vicenda intricata e mai chiarita fino in fondo di amori e disamori, di droghe ed eredità milionarie, di yacht da sogno e flussi di denaro da incubo, che spazia dalla Liguria alla Lombardia, dalla Svizzera alla Tunisia, da Miami ad Acapulco, Valerio Aiolli scrive un romanzo inquietante come un noir e prova ad afferrare una risposta che sfugge, alternando il punto di vista dei principali personaggi coinvolti, le dichiarazioni rilasciate e gli articoli che hanno coperto la vicenda. In un serrato dentro e fuori da Villa Altachiara, rivive dunque non solo Francesca Vacca Agusta ma anche la storia industriale, politica e di costume del nostro paese.
Lunedì 8 gennaio 2001, verso le sette di sera, nel giardino di Villa Altachiara a Portofino, scompariva la contessa Francesca Vacca Agusta, per anni protagonista del jet set italiano e internazionale. Prendeva il via quella sera un’indagine che avrebbe riempito le cronache di giornali e tv per settimane, mesi e anni, senza soluzione né requie neppure quando, una ventina di giorni più tardi, il cadavere venne ritrovato in mare, a pochi metri da una baia in Costa Azzurra. Come e perché cadde dalla rupe la contessa? Chi c’era con lei quella sera? Qualcuno la spinse o si trattò di una fatalità?
Valerio Aiolli è nato a Firenze ed è uno scrittore e romanziere italiano. Ha esordito nella narrativa nel 1995 con una raccolta di racconti, Male ai piedi. Nel 1999 viene pubblicato dalle Edizioni e/o il suo primo romanzo, Io e mio fratello, nel quale attraverso gli occhi dell’io narrante, un bambino di cinque anni, viene rievocata l’Italia degli anni Sessanta. Il libro vinse il Premio Fiesole, fu selezionato per il Premio Strega ed è stato finalista al
Premio Chianti e al Premio Volterra/Carlo Cassola. Ha poi pubblicato appare Luce profuga (2001); A rotta di collo (2002, Premio Giusti); Fuori tempo (2004); Ali di sabbia (2007), incentrato sulla colonizzazione italiana della Libia fra il 1911 e il 1940 e che è stato paragonato da alcuni critici a Tempo di uccidere di Ennio Flaiano. Alcune delle sue opere sono state tradotte e pubblicate in Germania, Ungheria e Paesi Bassi. È anche autore di racconti pubblicati in raccolte e su “Nuovi Argomenti”. Nel 2014 è uscito Il sonnambulo, romanzo ambientato nel 1992, che racconta la deriva etica del potere italiano. Sono seguiti Lo stesso vento (2016), Il carteggio Bellosguardo - Henry James e Constance F. Woolson: frammenti di una storia (2017) e Nero ananas (2019, selezionato al Premio Strega).
Roberto Ferrucci, Il mondo che ha fatto (La Nave di Teseo, 2025). Libro presentato da Claudio Magris nell’ambito dei titoli proposti dagli Amici della domenica al Premio Strega 2025.
Scritto con un linguaggio delicato, commovente e vivido, Il mondo che ha fatto è un memoir affascinante, una profonda riflessione sulla figura e sul lavoro, nonché sul pensiero, di un autore raffinato come Del Giudice, illuminante e sempre attuale nelle sue analisi sulla letteratura.
In pochi anni uno scrittore dimentica tutte le parole, una dopo l’altra. Proprio lui che le parole, nei suoi libri, le aveva portate al massimo livello di precisione e vividezza, catturando la complessità tecnologica e sentimentale del nostro tempo. Esiste qualcosa di più malinconico? La sorte di Daniele Del Giudice ha costernato tutti. La sua malattia ha mostrato che siamo vulnerabili anche nei nostri presìdi più intimi, dove ciò che facciamo coincide con ciò che siamo. Roberto Ferrucci ha conosciuto Del Giudice da giovane, e l’ha frequentato fino alla fine. Fra loro c’erano undici anni di differenza. Roberto è uno studente universitario, nel 1985 incontra Daniele poco più che trentenne, poco più che esordiente, in una libreria di Mestre. Da lì nasce l’amicizia che questo libro racconta. Daniele legge e postilla i primi racconti di Roberto, Roberto presenta in pubblico i libri di Daniele, Daniele riempie dei suoi scritti un sacco di plastica e li affida a Roberto, Roberto fa la tesi di laurea su Daniele, Daniele salva dalle acque il portafogli di Roberto, Roberto nel suo programma su Tele Capodistria intervista Daniele, Daniele e Antonio Tabucchi fanno scherzi a Roberto, Roberto sbobina le conversazioni audio con Daniele, Daniele diventa pilota aeronautico e vola con Roberto, Roberto va a visitarlo nella casa di riposo in cui il suo amico non lo riconosce perché lui stesso non si ricorda più di essere Daniele.
Roberto Ferrucci è nato Marghera (VE) ed è uno scrittore italiano. Esordisce nel 1993 con il romanzo Terra rossa, a cui fanno seguito, nel 1999, Giocando a pallone sull’acqua (per il quale ottiene il premio letteratura istituito dal CONI e arriva finalista al Premio Bancarella), e, nel 2003, Andate e ritorni, scorribande a nordest. Nel 2007 esce Cosa cambia. Il romanzo verrà pubblicato in Francia nel 2010 dalle Éditions du Seuil nella collana fiction & cie diretta da
Bernard Comment con il titolo Ça change quoi con un’introduzione di Antonio Tabucchi; nel 2009 viene inserito nella raccolta Italia Underground, antologia curata da Angelo Mastrandrea. Sempre in Francia, nel 2010, la casa editrice Meet di Saint-Nazaire pubblica Sentimenti sovversivi, in edizione bilingue. L’anno successivo esce Sentimenti decisivi. Ha scritto per riviste letterarie come “Nuovi Argomenti” e “Linea d’ombra”, e per quotidiani come “La Nuova Venezia”, “Il Mattino” “il manifesto”, “l’Unità”, “Liberazione” e “Il Fatto Quotidiano”. Dal marzo 2011 collabora al “Corriere della Sera”, dove scrive anche sul supplemento domenicale “La Lettura”. Dal 1992 al 1998 ha girato videoclip di Franco Battiato, Garbo e dei Pitura Freska. Ha inoltre collaborato con il regista Silvio Soldini per il film Pane e tulipani. Dal 2018 al 2021 ha tenuto, insieme a Tiziano Scarpa dei laboratori di scrittura all’università Ca’ Foscari di Venezia.
Piera Ventre, Stella Randagia (NN, 2025). È il 1909 ed Esterina lascia il paese natio in Friuli per lavorare presso la famiglia nobile dei Ribas, a Napoli. All’arrivo è sconvolta dal fermento della città e dallo sfarzo della nuova casa. I padroni – la bella Porzia, l’insulso marito Giacomo, la severa cognata Orsola – le dicono che dovrà occuparsi di Malvina, figlia di Porzia e Giacomo, una creatura fragile e deforme che vive da sempre segregata nella sua stanza. La bambina, invece, è vivace e intelligente, e dimostra un carattere singolare: sostiene di avere un’amica invisibile, che le annuncia gioie e disgrazie, e di capire i versi degli uccelli. Ester vorrebbe non crederle, ma nella casa si avvertono sussurri inquietanti e presenze misteriose, e lei stessa è in preda alle visioni del suo tragico passato. Nonostante il turbamento, Ester impara ad amare Malvina; ma un giorno, l’annuncio dell’arrivo della cometa di Halley, presagio della fine del mondo, getta casa Ribas e tutta Napoli nel caos, e mette Ester di fronte a una scelta drammatica e audace. Piera Ventre ci porta nella Napoli sontuosa della belle époque, dove il progresso si fonde con la superstizione e le sedute spiritiche convivono con i salotti letterari. Stella randagia è una storia fiabesca, di riscatto e speranza, in cui la bellezza dell’anima può rovesciare le sorti del mondo e cambiare il destino degli ultimi.
Piera Ventre è nata a Napoli e vive e lavora a Livorno. Specializzata come Assistente alla comunicazione dopo essersi laureata all’Università di Pisa in Logopedia, è socia ordinaria e consigliera di Comunico, associazione di promozione sociale, e collaboratrice di scuole di Livorno. Suoi scritti brevi sono stati pubblicati in raccolte antologiche e del 2011 è la raccolta di racconti Alisei. Dei suoi libri successivi si ricordano: Come il primo bene (2012) e Palazzokimbo (2016) con cui è stata finalista alla seconda edizione del Premio Neri Pozza e ha vinto il Premio Pavoncella; Sette opere di misericordia (2020) selezionato al Premio Strega e vincitore del Premio Procida; Le stanze del tempo (2021), finalista al Premio Settembrini e al Premio Letterario Chianti.
Le date previste per gli incontri:
Data |
Autrice/Autore |
Presenta |
4 ottobre 2025 |
Monica Gentile |
Antonio Celano |
25 ottobre 2025 |
Carlo D’Amicis |
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07 novembre 2025 |
Filippo La Porta |
Davide Pugnana |
22 novembre 2025 |
Giacomo Sartori |
Antonio Celano |
13 dicembre 2025 |
Giuseppe Lupo |
Antonio Celano |
10 gennaio 2026 |
Yari Selvetella |
Marco Matteoli |
24 gennaio 2026 |
Elvira Mujčić |
Sebastiano Mondadori |
07 febbraio 2026 |
Valerio Aiolli |
Sebastiano Mondadori |
21 febbraio 2026 |
Roberto Ferrucci |
Sebastiano Mondadori |
14 marzo 2026 |
Piera Ventre |
Antonio Celano |